Mercato siderurgico dell’UE: domanda, andamento dei prezzi, costi energetici e misure di salvaguardia. Queste le tematiche affrontate da SteelOrbis con Assofermet.
Come descrivereste l’attuale situazione della domanda nel mercato siderurgico dell’UE?
Per meglio comprendere ciò che sta accadendo è necessario analizzare separatamente il mercato dei piani e quello dei lunghi.
Definirei il primo a due velocità in quanto i produttori, supportati da una vigorosa domanda spinta dal processo di ristoccaggio della distribuzione e dai consumatori finali iniziato a dicembre 2022 unitamente alla ridotta capacità produttiva siderurgica conseguente al fermo di numerosi impianti nel corso del secondo semestre 2022 nonché ad una minore offerta di materiali di importazione, sono stati capaci di intraprendere un percorso di risalita delle quotazioni, processo questo ad oggi tutt’altro che esaurito.
La distribuzione invece, dopo un primo rally di gennaio, complice una generale contrazione della domanda, è stata costretta a seguire politiche commerciali che hanno portato all’applicazione di prezzi di vendita non più in recupero e quindi non più in linea con quelli dei nuovi approvvigionamenti.
Contrariamente ai piani, nei prodotti lunghi, tradizionalmente più vicini ai consumi finali legati al comparto edile, i produttori non hanno trovato gli spunti necessari per incrementare le quotazioni. Le difficoltà legate alla scarsa domanda, indebolita peraltro dallo spauracchio della recessione paventata lo scorso autunno che fortunatamente sembrerebbe non avverarsi, sono alla base della costante riduzione delle quotazioni di questo comparto che ancora oggi non sembra intravedere recuperi.
Il periodo attuale è quindi caratterizzato da luci ed ombre. Ad una generale debolezza della domanda in quanto i principali settori di utilizzo come l’automotive, l’elettrodomestico, l’edilizia, complici le incertezze legate al passaggio alle tecnologie ad emissioni zero, la politica di contrasto all’inflazione voluta dalla UE e le generali incertezze legate al conflitto in Ucraina che non lasciano intravedere, nel breve periodo, segnali particolarmente rassicuranti, si contrappone un sentiment positivo alimentato dalla speranza di una soluzione del conflitto unitamente all’effetto dell’impiego dei fondi del PNNR destinati ad alimentare una vigorosa spinta economica.
Cosa potete dirci sul possibile andamento dei prezzi dell'acciaio nell’UE in futuro?
Ciò che condiziona il mercato e di conseguenza l’andamento dei prezzi è l’utilizzo della capacità produttiva UE, i costi produttivi delle acciaierie, le opportunità di import con i limiti imposti dalle misure protezionistiche e la domanda apparente e reale. Da una prima lettura della situazione attuale emerge che l’aumento strutturale dei costi produttivi destinati a crescere ulteriormente anche per effetto dei nuovi investimenti legati al Green Deal, unitamente alla ridotta produzione sia a livello Europeo che internazionale al quale si aggiunge pure il rallentamento della produzione in Turchia ed i conseguenti problemi legati alla logistica a causa del violento terremoto che ha devastato parte del paese, dovrebbe rappresentare un solido supporto alle quotazioni durante i prossimi mesi, complici pure le previsioni di un incremento della domanda per il secondo semestre dell’anno corrente.
A causa della situazione energetica, l’anno scorso alcune acciaierie hanno dovuto sospendere le attività o ridurre i tassi di utilizzo. Ora i prezzi dell’energia si stanno abbassando e il clima sta migliorando: come pensate si possa riflettere questo sull’industria siderurgica?
Nel corso del 2022 le due fonti energetiche che impattano sulla produzione a forno elettrico, ovvero il gas e l’energia elettrica hanno messo in forte difficoltà le acciaierie che peraltro, nel corso del secondo semestre dello stesso anno si sono trovate a dover affrontare un mercato caratterizzato da una forte compressione della domanda che ha costantemente spinto i prezzi al ribasso. I picchi dei costi energetici raggiunti nel periodo estivo hanno di fatto reso pericolosamente antieconomica la produzione siderurgica a forno elettrico costringendo molti produttori a fermare o quantomeno ridurre le proprie produzioni. Oggi, pur permanendo un clima di incertezza legata al conflitto in Ucraina ed una sua possibile escalation, il valore del gas si è riportato su valori addirittura inferiori rispetto al periodo precedente alla guerra mentre il costo dell’energia elettrica, pur quasi dimezzato rispetto alla media del 2022, rimane ancora elevato rispetto al passato.
Sulla base di queste valutazioni posso dire che le acciaierie, in particolare quelle a forno elettrico, hanno ritrovato il sereno per cui, a meno di nuovi colpi di scena, essendo stata ripristinata la base di calcolo delle loro produzioni potranno operare con maggiore serenità.
In questo periodo di contingentamento, a partire dal 1° gennaio, le quote per i lunghi, ad esempio, non sono state utilizzate rapidamente come negli ultimi trimestri, mentre sono aumentate le importazioni da Algeria, Egitto e Vietnam, che non rientrano nelle quote. Che impatto può avere questo sull'equilibrio del mercato? Pensate che ci saranno misure per i nuovi fornitori di lunghi come il Nord Africa? O qualche aggiustamento per le importazioni di piani?
Le misure di salvaguardia, da noi fermamente contestate fin dalla loro adozione nel 2018, non riflettono correttamente le reali situazioni di mercato e tantomeno riescono a svolgere la funzione di tutela del mercato comunitario in quanto è la loro stessa natura statica che le rende di fatto inefficaci. Vi sono dei paesi produttori assegnatari di un contingente specifico che, per mere ragioni di convenienza economica, decidono di destinare le loro produzioni altrove perché appunto maggiormente remunerative lasciando le quote UE inevase e non essendoci la possibilità di trasferire automaticamente ad altri paesi tali quote il sistema subisce de facto una riduzione della disponibilità effettiva.
Per contro possono esistere delle situazioni in cui alcuni paesi non inseriti in salvaguardia, si trovano improvvisamente a riversare nel territorio comunitario quantità ingenti delle loro produzioni siderurgiche.
Anomali volumi di import vengono monitorati dalla Commissione UE ed è plausibile che, se ritenuti lesivi degli interessi della siderurgia comunitaria, vengano intraprese delle indagini con il fine di contrastare l’eventuale dumping oppure con l’obiettivo di contingentare il volume importabile dal paese.
Noi come Assofermet non siamo contrari all’applicazione di norme che vadano a tutelare il sistema produttivo comunitario, chiediamo solamente che la distribuzione unitamente alla manifattura vengano ascoltati e possano quindi offrire il loro contributo affinché le norme volte a contingentare l’import siano aderenti al mercato e tutelino sì la produzione siderurgica ma senza danneggiare gli altri anelli della nostra preziosa filiera, assicurando la possibilità di approvvigionamento delle quantità e delle qualità di acciaio di cui la manifattura europea necessita.
Cosa ne pensate del divieto di esportazione di rottami verso i paesi non-OCSE?
Siamo piuttosto preoccupati dalle restrizioni all’export che si profilano a livello normativo sulle spedizioni di rifiuti dall’UE verso i paesi OCSE e il divieto all’export verso i paesi non-OCSE.
Proviamo a farci aiutare dai numeri.
La disponibilità media annua di rottami ferrosi sul mercato UE è di circa 110 Mt. mentre l’export verso i paesi extra-UE nel 2022 ha segnato 17,6 MT. Trattasi di materiale in eccesso che va in esportazione perché purtroppo l’industria siderurgica UE, notoriamente a ciclo integrale (BOF), non riesce ad utilizzare tutto il rottame raccolto. Talvolta invece preferisce approvvigionarsi via nave da fonti extra-UE per ragioni commerciali. Nel 2022, ad esempio, nonostante l’ampia disponibilità interna di rottame, legata anche al calo della produzione UE di acciaio che è passata da 152,8 Mt. e 136,7 Mt., la siderurgia UE ha importato, circa 4 Mt. di rottame ferroso.
Siamo assolutamente allineati con la Commissione UE nel raggiungimento degli obiettivi di economia circolare e neutralità climatica per salvaguardare le risorse del nostro territorio e del pianeta. Ma sappiamo anche che, com’è noto agli addetti del settore, il lento e solo parziale passaggio al Forno Elettrico da parte delle acciaierie europee richiederà lunghi anni di trasformazioni e investimenti. Durante tutto questo periodo avrà quindi luogo un graduale maggior assorbimento di rottame, senza tuttavia esaurire completamente il gettito interno UE, che rimarrà comunque in parte sul mercato.
Riteniamo una forzatura pretendere che una commodity come il rottame ferroso, esistente sul mercato UE in tali quantità, venga inserita nell’attuale lista delle materie prime critiche che invece lo sono a tutti gli effetti, in quanto completamente assenti o quasi sul territorio UE e che richiedono l'introduzione di misure adeguate.
La sensazione è che, nella revisione della normativa sulle spedizioni di rifiuti dall’UE, oltre ad obiettivi squisitamente ambientali che sosteniamo, ci siano argomentazioni di natura commerciale che sottendono alla spinta restrittiva sempre più marcata.
Proprio per questo temiamo l’orizzonte a tinte fosche che vediamo avvicinarsi. Se il divieto all’export si concretizzerà in tempi brevi, come progettato, assisteremo alla chiusura di molte aziende del settore, alla perdita di molti posti di lavoro e infine alla rottura proprio di quel ciclo virtuoso di economia circolare che è obiettivo delle nuove politiche europee e che le nostre aziende, in assoluta autonomia, esprimono da decenni.