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Assofermet, Cinzia Vezzosi: focus sui rapporti istituzionali, le materie prime critiche, le sfide di sostenibilità e il CBAM

venerdì, 14 giugno 2024 11:01:50 (GMT+3)   |   Brescia
       

Come riportato da SteelOrbis, il 15 maggio Assofermet, l’associazione che rappresenta le imprese italiane dei settori siderurgico, del rottame, dei metalli e della ferramenta, ha nominato Cinzia Vezzosi come nuova presidente. Una scelta storica, poiché Vezzosi è la prima donna a ricoprire questo ruolo nell'associazione.

In questa intervista con SteelOrbis, Vezzosi ci racconta il suo percorso professionale e affronta alcune delle tematiche chiave del suo mandato: innovazione, sostenibilità, dialogo, salvaguardia e il futuro dell'industria siderurgica italiana.

Come si sente a essere stata eletta nuova presidente, e cosa si aspetta da questo mandato? Ci racconta com’è arrivata qui?

L’emozione è forte, sono orgogliosa per il ruolo che le aziende associate hanno scelto di affidarmi, è un grande onore. Sento inoltre la responsabilità della rappresentanza: ci attenderanno grandi sfide nei prossimi tre anni e sarà indispensabile difendere gli interessi delle aziende che appartengono ai nostri settori. Lo faremo mantenendo vivi i rapporti sul fronte istituzionale, con Ministeri italiani, Commissione europea e tutte le altre istituzioni rilevanti.

Ad Assofermet sono approdata qualche mese dopo aver fondato la società Zetamet nel 2004: è stata una delle prime scelte fatte da imprenditrice, certa del valore aggiunto che rappresentava. Dal 2005 sono entrata nel vivo delle dinamiche associative e, dieci anni dopo, sono stata eletta presidente di Assofermet Metalli. Ho ricoperto la carica dal 2015 al 2021, per due mandati, e questo mi ha permesso di lavorare a stretto contatto con il gruppo dirigente sulle tematiche del settore. Nel 2021 sono diventata vicepresidente, un percorso che mi ha avvicinato ai temi specifici dei quattro settori, oltre ai rapporti con il mondo imprenditoriale e istituzionale. Il lungo cammino in associazione, iniziato ormai vent’anni fa, mi ha permesso di sviluppare una serie di competenze che, sono certa, saranno molto significative durante questo mandato.

Quali sono le sue priorità come presidente di Assofermet?

Tra gli obiettivi c’è il rafforzamento dei rapporti istituzionali: negli ultimi anni ci siamo impegnati molto e nel tempo siamo riusciti a costruire canali e sinergie importanti che vorremmo intensificare, sia a livello nazionale sia a livello europeo.

Ma tempo ed energie verranno dedicate a seguire i dossier più rilevanti quali CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism, ndr), Salvaguardia, WSR (Waste Shipment Regulation, ndr) sull’export di rifiuti e CRMA (Critical Raw Materials Act, ndr) per le materie prime critiche. Sono temi in alcuni casi specifici di settore come la WSR, ed in altri casi trasversali a più settori come il CBAM. Questo coinvolgerà quindi tutti i nostri dirigenti e avvierà discussioni essenziali per le nostre categorie.

Dal punto di vista aggregativo, mi auguro che con la mia presidenza continui a manifestarsi la vitalità e la volontà delle aziende associate di incontrarsi, approfondire le tematiche di mercato e fare rete, sarà quindi essenziale creare occasioni di aggregazione nei prossimi tre anni.

Come pensa di promuovere i temi di innovazione e sostenibilità nei segmenti rappresentati da Assofermet?

Abbiamo una fortuna, il tema della sostenibilità è forse uno dei più sentiti all’interno dei nostri settori, certamente per sensibilità dei soci ma anche per vicinanza con il comparto delle aziende che quotidianamente si occupano di recuperare risorse e fornire acciaio e metalli riciclati al mondo della siderurgia e della metallurgia. È un settore che esprime al meglio la sostenibilità, oggi tanto rincorsa, e che è “circolare” nel proprio DNA. Direi che quel settore ha tracciato la strada e ha concorso a creare consapevolezza. Molti sono gli investimenti fatti dalle aziende in tal senso, prevalentemente sul fronte energetico ma non solo, anche per incorporare innovazione nei processi operativi o semplicemente nella gestione aziendale. Nel tempo abbiamo realizzato corsi di formazione sia in tema di digitalizzazione sia in tema di ESG per avvicinare gli operatori ad un approccio più sostenibile a livello manageriale, finanziario e di governance. In questo ambito molto resta da fare e sarà un obiettivo di questo mandato, anche in virtù di un accesso al credito che sarà sempre più connesso ai valori ESG espressi dalle aziende.

Secondo lei, quali sono le principali criticità che dovranno affrontare le aziende dei vostri settori nei prossimi anni?

Abbiamo molti fronti aperti. Sicuramente il CBAM, che avrà un impatto finanziario importante dal 2026 ma che già oggi è vissuto come un meccanismo troppo complesso, con responsabilità importanti poste in capo alle aziende. È un tema ampio, che riguarderà Acciai, Metalli e Ferramenta e avrà declinazioni diverse. Proprio negli ultimi giorni si è invece imposto, con vigore, il tema della Salvaguardia che avrà conseguenze rilevantissime all’interno della filiera del commercio e della distribuzione acciai e che, non ho dubbi, assorbirà molte energie. Abbiamo poi il fronte aperto dalla WSR, il nuovo regolamento sull’export di rifiuti, che nei prossimi anni sarà adottato dalle aziende e porterà un aggravio di costi, sia interni di gestione amministrativa che esterni di adeguamento alle norme. Molte sono quindi le sfide e il nostro impegno andrà inevitabilmente a coprire questi temi.

In che modo pensa di rafforzare la collaborazione tra i vari protagonisti della filiera?

Credo nel dialogo costruttivo e vorrei che questa fosse la cifra del mio mandato. Il confronto aperto e obiettivo condotto nel rispetto dei ruoli non può che rafforzare i rapporti e aprire a forme di collaborazione talvolta difficili da immaginare. Il benessere della filiera è senza dubbio un valore per tutti gli stakeholder. Sono convinta che debba essere preservato con l’impegno di tutti e noi ci saremo.

Qual è la sua visione riguardo all’attuale situazione del mercato siderurgico italiano, e come pensa si evolverà?

Leggerei il mercato siderurgico su due livelli di profondità, una di breve e una di medio periodo. Nel breve vediamo un rallentamento della domanda dopo un mese di aprile che ha segnato un ritorno massivo agli acquisti da parte dei consumatori di acciaio. Vi è un rallentamento generalizzato dei consumi legato alle problematiche di contesto (difficoltà nel programmare cicli di investimento), finanziarie (costo del denaro) e di mercato (troppe aree del mondo fuori dai giochi). Nel lungo periodo, leggiamo con preoccupazione il progressivo declino dell’intera struttura produttiva della UE che registra un calo del 40% delle produzioni siderurgiche dal 2007 e che vede sempre più settori utilizzatori di acciaio in difficoltà per il sistema di norme e vincoli che il regolatore impone. Serve rifocalizzare l’azione delle istituzioni UE sul creare le condizioni per fare impresa in modo competitivo e focalizzare le protezioni passando dalla protezione dei comparti a monte alla protezione dei comparti a valle e dalla protezione dei produttori alla protezione delle produzioni.

Alla luce della revisione recentemente pubblicata del sistema di salvaguardia, quali sono le implicazioni per i diversi operatori del mercato?

Le modifiche introdotte al sistema di salvaguardia hanno colto di sorpresa gran parte degli operatori di mercato: hanno segnato un radicale irrigidimento del sistema in particolare sui comparti del coil a caldo e della vergella. Il limite del 15% di prelievo dalla quota “altri paesi” per ciascun paese sul prodotto HRC determina nei fatti un taglio di almeno il 40% della quota medesima. Parliamo di 1,5-2 milioni di tonnellate in meno di HRC sul mercato europeo in un momento in cui le produzioni domestiche arrancano. Peraltro tale modifica trova applicazione immediata senza tenere conto di circa sei mesi di ordini lanciati e stock giacenti ai porti. In sostanza i paesi afferenti alla quota ”altri paesi” saranno fuori dai giochi per le negoziazioni dei prossimi sei mesi. Avremo accumulazione ai porti di materiale e sgrammatura per i mancati sdoganamenti che verranno fatti per evitare o rimandare i dazi.

Altro tema è la sovrapposizione con il CBAM per sei mesi: il combinato dei due sistemi, a cui si aggiungono gli antidumping in essere, renderà l’import un’operazione complessa e rischiosa. Ancora una volta si è deciso di proteggere la produzione senza prestare la minima attenzione alla tutela dei consumi a valle. In merito al CBAM esprimiamo la massima preoccupazione: complesso, farraginoso, inadeguato ma soprattutto pericoloso perché lascia totalmente scoperta la manifattura UE che dovrà confrontarsi con l’importazione massiccia di prodotti finiti e semilavorati dall’Estremo Oriente. Per estenderlo a valle deve essere radicalmente semplificato, tanto che, alla fine, per essere ampliato come deve si dovrebbe tradurre in un dazio paese. Si tratta però di una rivoluzione copernicana, assai difficile da attuare, che solo una profonda ridefinizione delle priorità in EU potrebbe avviare.

Visti i recenti investimenti dell’Europa nella tecnologia EAF, in che modo crede che verranno influenzati i consumi e i flussi di rottame?

In questo trend di decarbonizzazione sarà fisiologico in Europa assistere alla crescita della richiesta di acciaio riciclato, o almeno ce lo auguriamo. L’Europa è l’unico continente con abbondanza di questa risorsa ma allo stato attuale è costretta a esportare per mancanza di domanda. Pertanto con l’aumento della richiesta potremmo assistere ad un cambio nei flussi e ad una marcata regionalizzazione del mercato con operatori attenti a soddisfare le necessità di filiera in loco piuttosto che indirizzarsi all’export. Tuttavia la scelta di andare verso tecnologie EAF, in molti casi, sarà soltanto di supporto all’impianto principale di BOF e richiederà comunque tempi adeguati pertanto nel medio periodo sarà difficile che il surplus di acciaio riciclato venga assorbito da una domanda forte e stabile. Inoltre molto dipenderà dalla produzione siderurgica UE, che è in continua contrazione e che nel 2023 ha toccato il minimo storico. Questo fattore giocherà il ruolo più rilevante negli sviluppi futuri. 

E per finire: cosa ne pensa della situazione dell’ex-Ilva? C’è ancora speranza?

Credo di sì. Di recente abbiamo avuto un incontro con il ministro Urso e i commissari proprio per parlare del piano di rilancio dell’impianto di Taranto e siamo convinti che ci sia un forte impegno sul tema da parte del ministero e che molto si stia facendo per creare le condizioni migliori e farlo ripartire. Le incognite sono d’obbligo perché è indubbio che la situazione sia critica, ma l’impianto di ADI, oltre a rappresentare un asset importante nel panorama industriale italiano, rappresenta soprattutto un asset strategico per la filiera siderurgica che nel tempo ha necessariamente dovuto approvvigionarsi altrove per mancanza del produttore nazionale. Aggiungo che il mondo dell’indotto legato ad Acciaierie d’Italia è un tessuto economico che va preservato e sviluppato come risorsa del territorio. Pertanto non solo dico che c’è speranza ma credo che si debba remare tutti nella stessa direzione affinché l’impianto siderurgico di Taranto torni a ricoprire un ruolo primario tra gli impianti europei.

Michela Medici


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