La Commissione europea potrebbe presto avviare un'indagine antidumping sui coils a caldo (HRC) provenienti dalla Turchia. Lo ha affermato l'avv. Fabrizio Di Gianni, partner dello studio Van Bael & Bellis, durante il meeting dell'associazione dei distributori europei EUROMETAL tenutosi a Milano il 21 novembre. Di Gianni ha affermato che, sulla base dei volumi delle importazioni, sembra che vi siano i presupposti per dare il via a un'indagine contro la Turchia in quanto il dato annualizzato sull'import di HRC turchi in Europa ammonta a 3,474 milioni di tonnellate per il 2019, contro i 2,944 milioni del 2018 e volumi ancora più bassi negli anni precedenti. Il volume delle importazioni di HRC dalla Turchia nel Vecchio Continente è aumentato di cinque volte nel periodo 2015-19, ha affermato Di Gianni. «Tuttavia - ha aggiunto - le statistiche mostrano anche un aumento del prezzo unitario degli HRC tra il 2015 e il 2019».
Tayfun Iseri, del produttore siderurgico turco Colakoglu Metalurji, è intervenuto durante lo stesso evento affermando che tutti i paesi si stanno proteggendo dalla Turchia da circa un anno e mezzo, ossia da quando Ankara «sta beneficiando di ciò di cui gli altri hanno goduto per anni»: volumi di esportazione più alti di quelli di importazione. Tuttavia, ha sottolineato, l'aumento delle esportazioni dalla Turchia verso l'UE è dovuto al fatto che i compratori europei hanno dovuto fare ricorso alle importazioni turche dopo l'imposizione di dazi antidumping sugli HRC provenienti da Cina, Russia, Iran e Brasile.
Iseri ha inoltre sottolineato che gli Stati Uniti non hanno vinto fino ad ora una sola causa antidumping contro la Turchia, prova del fatto che il paese della mezzaluna sta rispettando gli accordi internazionali di libero scambio. Gli Stati Uniti sono il paese che più di tutti ha avviato indagini commerciali negli ultimi anni, mentre la Cina è stato il principale "imputato". A questo proposito, Iseri ha espresso l'opinione per cui gli Stati Uniti dovrebbero concentrarsi sul miglioramento della propria produttività anziché insistere con la via del protezionismo. Alla domanda se la Turchia possa iniziare ad applicare misure di ritorsione contro altri paesi, Iseri ha risposto negativamente, spiegando che sia i consumatori sia i produttori turchi sono contrari a barriere commerciali.
Iseri ha rimarcato infine che «l'acciaio non è tutto»: è una parte importante delle esportazioni turche - rappresentando il 9,3% sulle esportazioni totali -, ma i primi tre settori esportatori sono l'industria automobilistica, quella tessile e quella chimica. Tuttavia, ha detto Iseri, «nessuno si lamenta delle esportazioni turche di auto in quanto questi prodotti sono realizzati con componenti europei o fabbricati da case automobilistiche europee in Turchia».
Stefano Gennari