SteelOrbis ha intervistato Louis Redshaw, fondatore e CEO di Redshaw Advisors Ltd., in merito alla politica di salvaguardia dell’UE e agli effetti del CBAM.
Come valuta il recente annuncio dell’UE relativo alla sua politica di salvaguardia?
Le ultime misure di salvaguardia proposte dalla Commissione Europea per proteggere la produzione siderurgica dell’UE sono pensate per limitare l’impatto della sovraccapacità globale sui produttori europei e per aumentare la tracciabilità dell’acciaio importato. Ci si attende che tali misure abbiano un effetto inflazionistico sui prezzi dell’acciaio nell’Unione europea, con conseguenti ripercussioni anche sui consumatori che utilizzano grandi volumi di acciaio.
Il requisito del “melt and pour” è particolarmente rilevante nel contesto del Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), poiché rafforza la tracciabilità. La tracciabilità è un elemento fondamentale del CBAM: gli importatori devono ora dimostrare l’impatto delle emissioni di CO₂ associate all’acciaio importato. Tuttavia, la combinazione tra misure di salvaguardia e obblighi CBAM rende il lavoro degli importatori molto più oneroso e rischioso dal punto di vista amministrativo.
Queste misure commerciali sono efficaci nel garantire condizioni di parità o rischiano di distorcere la concorrenza?
Le nuove misure di salvaguardia dell’UE sono state concepite specificamente per creare un terreno di gioco più equo, proteggendo i produttori europei dagli effetti di pratiche commerciali distorte generate dalla sovraccapacità globale, in particolare da mercati sovvenzionati o manipolati come quello cinese. Le opinioni sulla distorsione della concorrenza dipenderanno dalla prospettiva: è certamente anti-competitivo limitare le importazioni, ma lo è altrettanto sovvenzionare e vendere sottocosto in altri mercati. Gli importatori vedranno queste misure come un aggravio dei propri costi rispetto ai concorrenti, mentre i produttori europei beneficeranno di un mercato in cui i prezzi non vengono spinti al di sotto di livelli economicamente sostenibili dalla produzione sovvenzionata estera, e quindi le giudicheranno pienamente giustificate.
L’efficacia delle misure sarà chiara solo con il tempo, ma da un punto di vista oggettivo è probabile che siano in larga parte giustificate.
Quali ritiene siano le principali sfide del CBAM e quali effetti prevede sui flussi commerciali?
Il CBAM soffre attualmente di lacune informative che impediscono agli importatori di quantificare e fissare i propri costi. Sebbene la responsabilità finanziaria del CBAM entrerà in vigore nel 2026, questo rappresenta già oggi un problema per le aziende che stanno cercando di fissare i prezzi per consegne nel 2026. L’incertezza principale è legata alla pubblicazione ritardata dei benchmark CBAM, che impedisce alle imprese di calcolare la propria esposizione all’acquisto dei certificati CBAM e quindi i propri costi. Ciò ha portato alcune aziende a modificare il proprio approccio al mercato, ad esempio accumulando scorte prima dell’entrata in vigore dell’obbligo CBAM il 1° gennaio. Altre stanno assumendo rischi finanziari significativi, mentre alcune hanno sospeso le transazioni in attesa di maggiore chiarezza.
La seconda grande sfida riguarda il rischio di prezzo dei certificati CBAM. L’Unione europea non renderà disponibili i certificati relativi alle importazioni del 2026 prima di febbraio 2027, cosa che renderebbe impossibile per gli importatori gestire il rischio dei costi. Tuttavia, poiché il prezzo dei certificati CBAM sarà correlato ai prezzi delle EU Allowances (EUA), le aziende possono adottare una forma di copertura “imperfetta” acquistando EUA. Dato che trader e importatori operano con margini molto ridotti, ciò potrebbe non essere sufficiente: per colmare questa lacuna, sono stati introdotti nuovi strumenti di gestione del rischio, come il Virtual CBAM Certificate (VCC).
Poiché il CBAM introduce costi aggiuntivi potenzialmente elevati per i produttori meno efficienti, si verificherà un fenomeno di resource shuffling, vale a dire di riallocazione strategica delle risorse che causerà interruzioni logistiche all’origine della catena di fornitura. Per quanto riguarda i flussi commerciali, i prodotti ad alta intensità di carbonio verranno reindirizzati verso mercati privi di dazi climatici, mentre quelli più puliti saranno destinati principalmente all’Europa. Questo effetto si rafforzerà con il progressivo aumento degli obblighi CBAM e con il tempo i prodotti ad alta intensità di carbonio diventeranno sempre meno presenti sul mercato europeo Poiché l’applicazione del CBAM è graduale, risulta difficile prevedere con precisione l’entità dei cambiamenti nei flussi commerciali: la variazione sarà progressiva e il prezzo della CO₂ in Europa è molto volatile. È comunque certo che la domanda europea diminuirà almeno in parte a causa dell’aumento dei costi dei beni soggetti al CBAM.
Ritiene che i meccanismi di finanziamento dell’UE siano sufficienti a sostenere la transizione green dell’acciaio?
Nell’ambito del Research Fund for Coal and Steel (RFCS), il settore siderurgico riceverà 100 milioni di euro destinati a progetti basati su tecnologie innovative, come la cattura, lo stoccaggio e l’utilizzo della CO₂, l’intensificazione dei processi e la riduzione del minerale di ferro con metodi CO₂-neutral. Inoltre, il Clean Industrial Deal dell’Unione europea prevede la mobilitazione di oltre 100 miliardi di euro a sostegno della produzione pulita, incluso l’acciaio. Il Fondo Innovazione, finanziato tramite la vendita delle EU Allowances, è focalizzato al supporto delle tecnologie pionieristiche, mentre i proventi delle aste EUA possono essere utilizzati come aiuti di Stato per progetti di diverso tipo. In teoria, quindi, sono disponibili risorse significative per sostenere la transizione verso l’acciaio verde, sebbene non tutte siano destinate a un unico settore.
Un elemento cruciale riguarda il costo della riduzione delle emissioni nel settore siderurgico, attualmente stimato intorno a 150 €/t di CO₂. Il ritorno economico per gli impianti “green steel” sarà probabile solo quando il prezzo del carbonio, oggi intorno agli 80 €, si avvicinerà a tale soglia. Le previsioni attuali indicano che ciò potrebbe avvenire nel 2031. Di conseguenza, nonostante gli incentivi disponibili, è probabile che la transizione avverrà in modo significativo solo quando emergerà un segnale di prezzo della CO₂ più forte o quando i costi di abbattimento si ridurranno.
Come vede l’equilibrio tra obiettivi ambientali e competitività globale?
La riduzione delle emissioni richiede la sostituzione degli altiforni con processi basati su idrogeno ed elettricità. Secondo alcune analisi, circa il 20% dei progetti europei annunciati sull’idrogeno (pari a circa 29 GW di capacità) risulta sospeso o cancellato a causa di problemi di sostenibilità economica, carenze di finanziamenti e incertezza sulla domanda di idrogeno pulito.
È evidente che la decarbonizzazione è costosa e, a meno che gli altri Paesi non adottino misure analoghe a quelle europee, la competitività globale risulterà fortemente distorta dalle misure adottate per livellare il campo da gioco sul fronte delle emissioni.
Il CBAM sta comunque generando sviluppi interessanti nei Paesi fortemente orientati all’export verso l’UE, spingendoli ad adottare o rafforzare i propri sistemi di carbon pricing per mantenere l’accesso al mercato europeo. Se implementati correttamente, questi mercati del carbonio contribuiranno a livellare naturalmente il campo di gioco, ridurre il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e sostenere gli investimenti globali nell’acciaio verde.