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Crowe: «Uno dei principali problemi legati al CBAM resta la disponibilità e la qualità dei dati»

martedì, 25 novembre 2025 11:28:29 (GMT+3)   |   Istanbul

SteelOrbis ha parlato con Jamie Mcleod, direttore presso Crowe U.K. LLP, in merito alle misure commerciali dell’UE e agli effetti del CBAM.

Come valuta il recente annuncio dell’Unione europea in merito alla politica di salvaguardia?

La transizione verso un quadro permanente per i dazi di salvaguardia sull’acciaio introduce diversi cambiamenti significativi, e l’introduzione del requisito di verifica dell’origine tramite la regola “melt and pour” potrebbe complicare notevolmente la conformità per gli esportatori britannici. Dal punto di vista delle dogane e del commercio del Regno Unito, questo comporta rischi rilevanti. L’Unione europea rimane il principale cliente dell’acciaio britannico, assorbendo il 78% delle esportazioni nel 2024. In assenza di un’esenzione per l’acciaio di origine UK, gli esportatori britannici rischiano di essere esclusi dal mercato europeo per ragioni di prezzo.

La proposta di riduzione delle quote intensifica ulteriormente questa minaccia. Per il Regno Unito, anche il rischio di deviazione commerciale è significativo, mentre il regime nazionale di salvaguardia, gestito dalla Trade Remedies Authority (TRA), è attualmente in fase di revisione, con pressioni crescenti per una riforma a seguito dell’annuncio dell’UE.

Queste misure commerciali sono efficaci nel garantire condizioni eque di concorrenza, oppure rischiano di alterare gli equilibri di mercato?

La motivazione dell’UE nel cercare di proteggere la propria industria siderurgica dalla sovraccapacità globale e dalle importazioni sovvenzionate è comprensibile e, in linea di principio, mira a ristabilire una concorrenza leale. Tuttavia, nella pratica, misure di questo tipo generano spesso effetti collaterali complessi. Alcuni produttori europei, ad esempio, hanno espresso preoccupazioni riguardo ai maggiori costi delle materie prime e ai potenziali effetti inflazionistici. Quindi, se da un lato le misure possono aiutare i produttori a monte, dall’altro rischiano di creare frizioni altrove nel sistema economico.

Parallelamente, altre associazioni europee stanno spingendo per estendere le misure a prodotti a valle attualmente esclusi, creando potenziali lacune regolamentari e un livello di protezione disomogeneo lungo la supply chain.

Il quadro è complesso e gli effetti completi restano incerti. La proposta deve ancora attraversare l’intero processo legislativo dell’UE e i negoziati in sede WTO, entrambi potenzialmente lunghi e suscettibili di modifiche. Nel frattempo, le imprese operano in un contesto di forte incertezza.

Quali sono, secondo lei, le principali criticità del CBAM e quali effetti prevede sui flussi commerciali?

Il CBAM continua a rappresentare sfide operative e strategiche significative, che si intensificheranno con l’avvicinarsi della fase definitiva prevista per gennaio 2026, momento in cui entrerà in vigore anche un costo CBAM. Uno dei problemi maggiori rimane la disponibilità e la qualità dei dati. Gli importatori devono ottenere dai fornitori di Paesi terzi dati dettagliati sulle emissioni, ma molti di essi non dispongono dei sistemi necessari né di incentivi per fornirli. Anche con le recenti semplificazioni, come l’esclusione delle fasi finali di produzione dal calcolo delle emissioni, l’onere di rendicontazione resta elevato.

Un’altra criticità riguarda l’incertezza. Elementi chiave come i valori di riferimento delle emissioni e le regole sulle emissioni predefinite non sono ancora stati pubblicati, rendendo molto difficile per le imprese stimare i costi o pianificare i contratti. Inoltre, dal 2026 sarà necessario ottenere lo status di “Dichiarante Autorizzato”, aggiungendo ulteriore pressione per implementare rapidamente sistemi di compliance robusti.

Per quanto riguarda i flussi commerciali, mi aspetto una riallocazione delle catene di approvvigionamento. Gli importatori europei tenderanno a privilegiare fornitori con dati trasparenti sulle emissioni, o a rivolgersi a Paesi con sistemi di carbon pricing riconosciuti. Al contrario, gli esportatori incapaci di soddisfare i requisiti CBAM potrebbero perdere accesso al mercato UE o subire penalizzazioni di prezzo.

Dal punto di vista del Regno Unito, la situazione è in evoluzione. Il CBAM britannico entrerà in vigore nel 2027 e, sebbene vi sia accordo politico per un collegamento tra ETS UK ed ETS UE, la tempistica resta incerta. In assenza di un accordo transitorio, gli esportatori britannici potrebbero essere esposti al CBAM pur rispettando normative equivalenti, con il rischio di distorsioni fino al riconoscimento di eventuali esenzioni.

Ritiene sufficienti i meccanismi di finanziamento UE per sostenere la transizione verde dell’acciaio?

Pur non occupandomi direttamente delle politiche di finanziamento, mi interessa in particolare il futuro utilizzo delle entrate CBAM, che nel tempo diventeranno molto consistenti. Al momento, tuttavia, non è chiaro come verranno impiegate. C’è il timore che un uso volto a sovvenzionare i produttori europei possa compromettere gli obiettivi ambientali del CBAM e creare criticità di compatibilità con il WTO.

Come valuta l’equilibrio tra obiettivi ambientali e competitività globale?

Trovare un equilibrio è estremamente complesso. L’Unione europea ha ragione a spingere verso una maggiore ambizione climatica, e il CBAM, la graduale eliminazione delle quote gratuite e l’inasprimento del carbon pricing fanno parte di questo processo. Tuttavia, gli impatti commerciali e competitivi sono spesso più sfumati.

Mentre l’Unione europea si è mostrata determinata nel mantenere il calendario del CBAM, cresce la preoccupazione che altre misure di sostenibilità vengano progressivamente annacquate. I rinvii e le semplificazioni applicate al Regolamento UE sulla Deforestazione (EUDR), ad esempio, riflettono pressioni crescenti per ridurre gli oneri di conformità, sollevando dubbi sulla coerenza e sull’ambizione complessiva dell’agenda verde europea.

Parallelamente, lo scenario del commercio globale è diventato estremamente volatile. Con il ritorno di Trump alla Casa Bianca e la reintroduzione attiva di dazi commerciali, il rischio di misure ritorsive e di tensioni legate a strumenti climatici come il CBAM è concreto.


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