I tecnici del Ministero dell'Ambiente incaricati di esaminare l'ultimo piano d'intervento presentato dall'Ilva di Taranto con il quale l'azienda indica come attuerà tutti gli interventi di risanamento richiesti dall'Aia hanno espresso parere positivo. Forte del 'placet' dei tecnici nominati dal Ministro Clini, l'azienda nei prossimi giorni formalizzerà alla Procura di Taranto istanza di dissequestro dell'area a caldo.
La novità più rilevante contenuta nella roadmap elaborata dall'Ilva è lo spegnimento dell'altoforno n°2, per il quale l'Aia richiedeva semplicemente l'installazione di un sistema di depolverazione stock house: la scelta dell'azienda è una conseguenza della fermata per upgrade delle batterie di forni a coke n° 3-4-5-6. Il verbale consegnato all'Ilva, tuttavia, sottolinea che lo spegnimento non è richiesto dall'Aia. Tolto questo punto e qualche altro aspetto, i percorsi dell'Aia e quello dell'azienda risultano sostanzialmente coerenti.
"Ora l'Ilva deve mettersi al lavoro e attuare le cose che ha scritto nel piano" commenta Giampiero Mancarelli, assessore all'Ambiente della Provincia di Taranto. "L'azienda non deve perdere tempo ma dare immediato riscontro al cronoprogramma. E di conseguenza stanziare le risorse, stipulare i contratti e avviare i lavori". All'incontro di venerdì a Roma era presente anche Adolfo Buffo, direttore dello stabilimento tarantino, il quale ha riconfermato che il sequestro degli impianti dell'area a caldo costituisce un ostacolo all'attuazione dell'Aia. "Ma il sequestro - rileva Mancarelli - non può certo essere un alibi a non fare. Abbiamo consigliato all'Ilva di esplorare anche soluzioni alternative, come, per esempio, la richiesta della facoltà d'uso". Non si esclude inoltre l'ipotesi di chiedere il dissequestro per blocchi di impianti, in relazione agli interventi che devono essere effettuati di volta in volta.
A questo punto, il problema è quello di capire se passerà la linea di intervento che prevede il risanamento e la produzione insieme, sia pure ad un ritmo molto ridotto, oppure - come chiede la Procura della Repubblica - ci sarà la necessità di spegnere gli impianti, far cessare l'inquinamento e poi mettere mano ad altoforni, forni a coke e parchi minerali/fossili. "È auspicabile una soluzione equilibrata" commenta Mancarelli. "Per esempio un sequestro con facoltà d'uso consentirebbe sui lavori dell'Ilva di avere un doppio controllo: dei tecnici dell'Ispra, incaricati dal ministero dell'Ambiente di monitorare lo stato di attuazione dell'Aia, e dei custodi giudiziari".
Il cammino dell'Aia comincerà dall'altoforno 1 che verrà spento a dicembre per essere rifatto sotto la supervisione della società Paul Wurth. In parallelo si interverrà anche sulle batterie 3-4-5-6 delle cokerie. A seguire tutti gli altri interventi, tutti temporalmente fissati. Rientrano nell'Aia anche il rifacimento dell'altoforno 5 che partirà a luglio 2014, con un anno di anticipo rispetto all'iniziale volontà dell'Ilva, e la copertura dei parchi minerali, una delle maggiori fonti di inquinamento essendo le materie prime (carbon fossile e minerale di ferro) stoccate all'aperto. Il percorso dell'Aia dovrà compiersi in tre anni. La spesa ipotizzata è pari a 3 miliardi e mezzo di euro a carico dell'Ilva, che per progetti innovativi potrebbe sfruttare anche il canale dei fondi europei come prefigurato tempo addietro dal vice presidente della commissione di Bruxelles, Antonio Tajani.