Federacciai: la siderurgia italiana è in salute

mercoledì, 06 ottobre 2021 17:28:45 (GMT+3)   |   Brescia
       

Quello di Alessandro Banzato, Presidente di Federacciai, è stato un discorso che un po’ si richiama alla fenice logo dell'edizione 2021 di Made in Steel, presso i cui padiglioni si è svolta l’assemblea annuale della Federazione delle imprese siderurgiche italiane. 

I dati parlano chiaro: il 2021 è un anno di forte ripresa per le produzioni dell’acciaio, con l'Italia che ha chiuso i primi otto mesi dell’anno a quota 16,3 milioni di tonnellate, ovvero il 6,1% in più rispetto al 2019 in linea con i livelli del 2018, annata storica per la siderurgia. Anche a livello mondiale la produzione da gennaio-agosto è risultata in crescita, con in testa l’India (+25%), il Brasile (+20,9%), gli Stati Uniti (+19,5%), la Turchia (+16,7%) e il Giappone (+17%). 

I risultati, però, non hanno fatto perdere di vista altre tematiche importanti, le nubi – come Banzato le ha descritte – che si stanno presentando all’orizzonte. «Mi preoccupa quello che succede in Cina – ha dichiarato il Presidente di Federacciai – blackout e fermi aziende: non vedo perché non possa succedere anche da noi in un futuro non lontano ma prossimo». La crisi energetica si collega a un altro punto importante affrontato durante l’assemblea, ovvero il raggiungimento degli obiettivi ambiziosi sanciti dal Green Deal e dal pacchetto "Fit for 55" dell’Unione Europea. Per la federazione, la strada presa dall’Ue è quella giusta ma il vecchio continente è responsabile del 10% delle emissioni di CO2, c’è il pericolo di mettere a rischio la tenuta industriale e sociale dell’Europa e dell’Italia. Il presidente ha quindi sottolineato la necessità di una transizione guidata in modo omogeneo fra Europa e Stati membri. «Serve una maggiore gradualità che dia il tempo sia per sviluppare soluzioni tecniche e consolidarle che per adottare azioni di politica industriale attraverso interventi ad hoc per la transizione e sostenere e accompagnare le imprese».

Il mercato italiano è ovviamente a centro dell’attenzione per Federacciai, che ha indicato il rottame come l’elemento chiave per il raggiungimento della decarbonizzazione, nonché fonte di potenziali tensioni nel mercato del Bel Paese. L’Italia, infatti, importa 4-5 milioni di tonnellate di rottame, una situazione cui è necessario porre rimedio aumentando la disponibilità di questa materia prima sul territorio. 

Anche l’ex Ilva, Piombino e Terni hanno trovato posto nel discorso dell’assemblea. Per tutti, il trait d’union è la necessità, da parte dello Stato, di riconoscere gli asset realmente strategici per salvaguardarli o, quando necessario, risanarli e rilanciarli valorizzati sul mercato. Taranto, secondo Banzato, è andata verso una strada che «è segnata e porta a una soluzione della questione». Similmente, il presidente di Federacciai ha espresso soddisfazione per Terni e per i due player italiani che hanno corso per il sito, la conferma che “se un asset è strategico, ha mercato e gli imprenditori italiani sono disposti a rischiare investendo cifre molto considerevoli”. Desta invece preoccupazione Piombino: la situazione è complessa e non può essere risolta guardando solo alle problematiche sociali: «Ci troveremmo di fronte a quel modello di industria pubblica che hanno giustamente osteggiato i nostri padri, ovvero a quei carrozzoni che producevano in perdita facendo concorrenza sleale a chi fa sacrifici e corre grandi rischi per investire sulle proprie fabbriche».

Andrea Bernardi


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