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Siderurgia e formazione: il metodo Duferdofin-Nucor

giovedì, 01 agosto 2019 15:01:53 (GMT+3)   |   Brescia

Massimo Rolandi, direttore dell’organizzazione: «Nonostante la trasformazione tecnologica, l'uomo sarà sempre importante all'interno dei processi industriali».

Una formazione continua e mirata permette alle imprese di disporre sempre di lavoratori altamente competenti e pronti ad affrontare le nuove sfide del mercato del lavoro. Anche Duferdofin-Nucor fa parte di quei gruppi siderurgici che continuano ad impegnarsi in questo ambito, nella consapevolezza che il sapere è la leva fondamentale per continuare a migliorarsi e innalzare costantemente le performance. SteelOrbis ne ha parlato con Massimo Rolandi, direttore dell'organizzazione di Duferdofin-Nucor e quindi anche responsabile del personale dell'azienda.

Com'è strutturato il gruppo Duferdofin-Nucor e quanti sono i suoi dipendenti?

Duferdofin-Nucor, joint venture tra Duferco Group e Nucor Corporation, ha sede a San Zeno Naviglio (Brescia) ed è dotata di quattro unità produttive a San Zeno Naviglio (BS), Giammoro (ME), San Giovanni Valdarno (AR) e Pallanzeno (VB). Considerata la distribuzione, i dipendenti sono 780. In tutto il mondo Duferco Group conta invece circa 6.000 dipendenti.

Qual è in generale l'approccio dell’azienda al tema della formazione?

Specialmente negli ultimi anni, tenuto conto della globalizzazione e dell’evoluzione del mercato dell’acciaio, abbiamo dato sempre più spazio alla formazione. Per noi formazione significa crescita professionale all’interno dell’azienda, ma anche costruzione di potenziali gruppi di lavoratori che in prospettiva possano essere coinvolti in diversi processi aziendali. È evidente che, anche per lo sviluppo delle tecnologie, si deve fare formazione. Non si può pensare di introdurre del personale in azienda e lasciarlo esattamente com’è fino al quarantesimo anno della sua attività. Se nessuno cresce all’interno dell’azienda, è l’azienda stessa a non crescere.

Su quali si aspetti si concentra la formazione all’interno dell’azienda?

Innanzitutto sulla sicurezza, intesa sia come sicurezza del lavoratore – che deve avere un approccio di un certo tipo al lavoro con l’obiettivo di ridurre a zero gli infortuni – sia come sicurezza dell’ambiente che ci circonda. Oggi un’azienda che non sia rispettosa dell’ambiente non è un’azienda che ci rispecchia. Quello che ci aiuta a lavorare in sicurezza è anche l’innovazione tecnologica, che ci permette di lavorare riducendo rischi per il lavoratore e i consumi delle emissioni. Dopo di questo, vengono la qualità del nostro prodotto, il servizio che offriamo al cliente e la capacità di raggiungere un certo livello di produttività.

Come vengono introdotte le nuove competenze?

Attraverso una formazione di tipo continuo che viene effettuata tramite docenti interni oppure con il supporto di enti di formazione e consulenti esterni. Abitualmente sviluppiamo dei piani di formazione che possono subire delle modifiche nel corso dell’anno. Uno è legato alla sicurezza, sulla quale puntiamo molto, andando oltre ciò che viene richiesto per legge. Un altro progetto riguarda l’ambiente, mentre un altro riguarda gli aspetti produttivi, gli stabilimenti e anche l’amministrazione. I nostri lavoratori vengono formati sia in aula sia in buona parte sul campo.

Può spiegarci con qualche esempio in che modo i lavoratori vengono formati "sul campo"?

Sì, ad esempio incontriamo i nostri lavoratori ogni volta che cambia una regola o viene introdotto un nuovo sistema di operare. Oppure, quando è stata individuata la possibilità di lavorare con un livello di sicurezza più elevato rispetto a prima o in un ambiente più protetto. O, ancora, quando il lavoro eseguito in un modo diverso porta a un livello qualitativo maggiore del prodotto finale. Tutto questo fa parte di una formazione che viene fatta sul campo. Ma è “on the job” anche la formazione dei lavoratori che vengono inseriti per la prima volta in azienda e che hanno bisogno di affiancamento.

Vengono valutati in qualche modo i risultati dei percorsi di formazione?

Sì, si tratta di percorsi formativi con dei tempi scadenzati al termine dei quali si effettuano delle verifiche, anche per valutarne l’efficacia. Tale verifica ci permette di pianificare ulteriori progetti, non solo per i lavoratori inseriti nei percorsi formativi di cui valutiamo l’efficacia, ma anche per capire se lo stesso percorso possa essere applicato o meno ad altri lavoratori. Sostanzialmente abbiamo due tipi di valutazione: una nell’immediato, per verificare cosa il lavoratore ha appreso e come ha visto il percorso formativo; e una a distanza, per capire quanto è stata efficace la formazione attraverso dei test.

In cosa consiste il progetto "Management 4 Steel" in collaborazione con i gruppi Aso, Feralpi e Pittini?

Il progetto ha l'obiettivo di formare figure sempre più competenti all'interno delle singole aziende. Il percorso formativo partirà entro la fine dell’anno con i primi cinque moduli che riguarderanno lo sviluppo della parte organizzativa aziendale: scenari di business, risultati della pianificazione delle risorse, gestione di progetti... Insomma, un corso che ci permetterà di far crescere parte della nostra struttura. Coinvolgerà infatti lavoratori già all’interno dell’azienda.

Com'è nata la partnership tra Duferco e Aso, Feralpi e Pittini?

È nata dalla consapevolezza dell'importanza di investire sui giovani e di sviluppare un progetto comune in questo ambito. Il vantaggio di unire le forze consiste nella possibilità di condividere esperienze e di gestire delle esigenze trasversali. Siamo grossi player siderurgici con delle esigenze talvolta uguali, talvolta simili.

A fronte della trasformazione tecnologica in chiave industria 4.0 si stanno rendendo necessarie nuove figure professionali, dotate di competenze specifiche. Pensa che allo stesso tempo, proprio a causa di questa trasformazione, si assisterà ad un calo della forza lavoro necessaria?

È chiaro che l'applicazione di nuove tecnologie esige che vengano creati nuovi ruoli ma richiede anche la crescita professionale di figure che sono già all'interno dell'azienda. Non si può pensare che a fronte di un'innovazione sia necessario esclusivamente assumere nuovo personale. Bisogna puntare anche sulla crescita delle risorse interne attraverso la formazione. Detto questo, io non credo che la trasformazione tecnologica porti necessariamente a un calo della forza lavoro. Nel nostro settore l'importanza dell'uomo resta strategica. Vi sono determinati tipi di innovazione che possono migliorare o semplificare i processi, ma questo non significa che si stia andando verso un mondo nel quale l'uomo non avrà importanza all'interno della siderurgia. Piuttosto, cambierà probabilmente il modo in cui l'uomo sarà importante all'interno del processo, com'è già cambiato in questi anni. Ma non diventerà mai superfluo all'interno dei processi industriali.

A proposito di innovazione, il progetto del nuovo laminatoio che sarà costruito presso lo stabilimento di San Zeno Naviglio dovrebbe creare circa 150 posti di lavoro.

Esatto. Dovrebbe entrare in funzione nel 2022 e sarà un laminatoio a basso impatto ambientale e alto risparmio energetico, estremamente moderno, con aspetti gestionali e di layout innovativi. Tuttavia, come ho appena detto, il ruolo dell'uomo rimarrà centrale.

Pensa che la famosa "Quota 100" possa rappresentare un problema per le aziende siderurgiche, ossia un rischio di vedersi private in modo brusco di figure professionali non facilmente e immediatamente sostituibili?

Non c’è una grande corsa a Quota 100 tra i nostri dipendenti. Nemmeno nel laminatoio ex Stefana di Nave (acquisito da Duferco Sviluppo nel 2017, ndr), dove i lavoratori hanno un’età più avanzata. Quota 100 ha riguardato pochissime persone, di conseguenza al momento non ne stiamo subendo grandi ricadute. Poi dipende molto dal singolo lavoratore, si tratta di una finestra volontaria, peraltro abbastanza penalizzante. Ad oggi, ripeto, non abbiamo grandi uscite, tuttavia dobbiamo farci trovare pronti. E qui torniamo all’importanza della formazione continua, degli affiancamenti.

Stefano Gennari