In occasione della fiera internazionale sul riciclo e la green economy Ecomondo, svoltasi a Rimini dal 4 al 7 novembre 2025, SteelOrbis ha avuto l’opportunità di intervistare Laila Matta, Presidente di Assofermet Rottami e Titolare della Trans Commodities. Tra i temi trattati, i costi e requisiti della decarbonizzazione, la disponibilità di acciaio riciclato in Europa, la gestione europea delle materie prime strategiche, la complessità delle norme sulla tracciabilità dei materiali e la burocrazia legata alle regole doganali e ambientali.
Considerando che sempre più aziende sono messe in difficoltà dai costi legati alla decarbonizzazione e molte si stanno tirando indietro o stanno ridimensionando gli investimenti, ritenete che sia fattibile raggiungere gli obiettivi climatici europei entro i tempi stabiliti?
Se si vuole essere realisti, tenendo conto delle difficoltà oggettive presenti in Europa, i tempi stabiliti dalla Commissione europea risulterebbero indubbiamente ristretti.
Cresce sempre di più la preoccupazione da parte degli operatori sulla difficoltà a mettere in campo risorse finanziarie adeguate in tempi brevi per attuare tale processo, tenuto conto che il mercato a valle mostra al momento grande difficoltà a recepire le conseguenze – principalmente economiche – di tale processo di decarbonizzazione.
Ci si chiede quindi se questo percorso di decarbonizzazione sia effettivamente percorribile. Non è in discussione l’obiettivo finale, ma i tempi così ristretti in un continente dove le risorse necessarie per tale processo risultano essere insufficienti.
Il ripensamento da parte di molte aziende, ma anche di molti Paesi – USA in testa – è la prova che gli obiettivi posti dall’Unione Europea sono irrealizzabili nei tempi e nelle modalità proposte.
I produttori siderurgici dell’UE ritengono che l’acciaio riciclato debba rimanere in Europa. Al contrario, i fornitori e commercianti di rottame affermano che la domanda interna non sia sufficiente e che limitare le esportazioni di questa materia prima causerebbe un eccesso di offerta con gravi conseguenze sul mercato. Che posizione avete al riguardo e in che modo si potrebbe supportare il settore siderurgico in tal senso, creando condizioni adeguate per tutti gli operatori?
Sull’importanza e soprattutto centralità dell’acciaio riciclato per i produttori siderurgici, non ci sono dubbi.
Ma è altrettanto importante ribadire che la disponibilità dell’acciaio riciclato in Europa è significativamente più elevata rispetto alla domanda.
Come ben noto, ogni anno la produzione di acciaio riciclato in Europa è di circa 100 milioni di tonnellate di cui meno del 20% è esportato in quanto non consumato dai produttori siderurgici europei.
Tale eccedenza, che si è consolidata nel tempo, è figlia della riduzione della produzione siderurgica europea dal 2006 in poi. Questa nostra posizione è emersa anche dai recenti rapporti del JRC (Joint Research Center), organo della Commissione EU, dello scorso luglio e ottobre, dove è emersa la necessità, anziché di concentrare gli sforzi per evitare l’export, di rendere utilizzabili – tramite una tecnologia più avanzata – le qualità principalmente esportate, supportando concretamente quindi il settore del riciclo.
È chiaro che, qualora la produzione siderurgica europea da EAF venisse effettivamente incrementata con la costruzione di nuovi forni elettrici, l’eccedenza attuale verrebbe man mano assorbita naturalmente da queste nuove realtà produttive.
Inoltre, siamo favorevoli ad ulteriori misure che favoriscano l’utilizzo dell’acciaio riciclato europeo entro i confini europei, quali:
- totale eliminazione di barriere commerciali fra gli Stati membri;
- meno burocrazia e maggior digitalizzazione dei processi di utilizzo;
- introduzione di una percentuale di acciaio riciclato nella produzione di prodotti industriali;
- obbligo dell’utilizzo prioritario di prodotti provenienti dal riciclo negli appalti pubblici;
- supporto economico per la ricerca e l’innovazione per il settore del riciclo che permetta di migliorare la qualità del rottame in modo che possa essere utilizzato nella siderurgia europea per applicazioni industriali avanzate.
Quanto sopra sarebbe auspicabile al posto di ulteriori barriere all’export, che danneggerebbero la competitività del settore.
La nostra posizione da sempre ribadita è quella di supportare innanzitutto la produzione siderurgica europea, pertanto saremmo ben felici di poter servire le produzioni da forno elettrico in essere così come quelle in programma secondo il piano siderurgico europeo, in quanto gli operatori del settore del riciclo da sempre forniscono in maniera prioritaria i produttori siderurgici europei.
Le motivazioni sono più che evidenti: facilità del rapporto, costi di trasporto e logistica in generale molto più favorevoli e programmazione delle consegne anche a livello settimanale e giornaliero.
Ritenete che l’autonomia europea nelle materie prime secondarie sia un obiettivo realistico o rischia di penalizzare gli scambi internazionali, dato che paesi come Cina, Indonesia o Stati Uniti stanno adottando politiche protezionistiche per trattenere le materie prime strategiche?
L’autonomia europea nelle materie prime secondarie è realistica per quanto riguarda l’acciaio riciclato, non è realistica per altre materie prime secondarie per le quali è necessario più tempo, e sicuramente un’eventuale chiusura all’import risulterebbe penalizzante per l’Europa.
È in atto a livello internazionale da alcuni anni la necessità da parte dei Paesi di trattenere sul proprio territorio le materie prime strategiche, in funzione anche della loro disponibilità che varia da Paese a Paese. Bisognerebbe fare un’analisi per ogni materia prima strategica per meglio comprendere la validità di questa politica protezionistica che gli Stati nel mondo man mano stanno implementando.
L’Europa è in una condizione sicuramente di maggior debolezza rispetto a Paesi come Stati Uniti, Cina, India, Indonesia e altri ancora, in quanto povera di materie prime strategiche.
Pertanto occorrerebbe valutare attentamente e realisticamente le nostre risorse di materie prime strategiche, così come di alcune materie prime secondarie, prima di mettere in atto barriere commerciali che potrebbero danneggiare, anziché aiutare, l’industria europea e gli obiettivi di decarbonizzazione e di sostenibilità ambientale.
Negli ultimi anni il tema della tracciabilità dei materiali e della sostenibilità delle filiere è diventato centrale. In che modo gli operatori italiani del commercio dei metalli stanno adattando i propri modelli di business a questi nuovi requisiti?
È un tema molto importante, e sicuramente l’Europa lo ha affrontato e lo sta affrontando con serietà.
Purtroppo, ancora una volta, la complessità delle normative messe in atto a tale scopo rendono operativamente difficile e alquanto onerosa la sua attuazione da parte degli operatori del commercio dei metalli ferrosi e non.
Per combattere il commercio sommerso e sostenere le aziende che da sempre operano nella legalità servirebbero normative più snelle, una burocrazia meno lenta e pronta ad applicare le nuove regole e che sia quindi di aiuto concreto e non da freno alle imprese.
Va inoltre riconosciuto l’impatto economico che tali nuove regole hanno sulle imprese e per le quali al momento non si è preso in considerazione alcun sostegno economico, lasciando tale costo a totale carico delle aziende e mettendo così a rischio la loro competitività.
La crescente burocrazia legata alle normative ambientali e doganali rappresenta spesso un ostacolo per le PMI del settore. Quali semplificazioni normative ritenete prioritarie per mantenere competitività e attrarre investimenti nel comparto del riciclo?
Purtroppo la burocrazia è spesso il principale ostacolo in tanti settori, in modo particolare nel nostro, ossia quello del riciclo.
Infatti, la complessità per istruire una pratica per il rilascio di una autorizzazione ambientale presso i vari enti competenti varia da provincia a provincia così, come i tempi di attesa, oltre ad essere biblici, variano sempre da provincia a provincia.
Il tema, più volte sollevato anche a livello istituzionale, è la diversa applicazione delle normative ambientali e doganali messe in atto nelle varie province. Quest’ultima risulta a volte complessa e non aderente alla realtà lavorativa degli impianti, costringendo i funzionari a ricorrere a interpretazioni.
Inoltre, il sottorganico che spesso interessa gli enti competenti impatta negativamente sui tempi di rilascio delle autorizzazioni.
Va da sé che una normativa semplificata eviterebbe interpretazioni spesso oggetto di discussione e discriminatorie da provincia a provincia, e sicuramente ridurrebbe i tempi di rilascio delle autorizzazioni. Il tutto si tradurrebbe in una significativa riduzione dei costi e faciliterebbe eventuali investimenti nel comparto del riciclo.