Con l’avvicinarsi della piena attuazione del Meccanismo di Adeguamento del Carbonio alle Frontiere (CBAM) dell’UE, prevista per gennaio 2026, gli importatori di acciaio devono affrontare una crescente incertezza finanziaria. L’Associazione Europea degli Importatori e Distributori di Metalli Non Integrati (EURANIMI) ha lanciato un allarme, avvertendo che gli operatori europei rischiano costi aggiuntivi fino a 100 €/t-carbonio, una voce significativa in un mercato globale sempre più competitivo, a causa della mancanza di chiarezza sui valori di riferimento del CBAM per l’acciaio inossidabile.
Secondo quanto riportato dall’associazione, i produttori europei di acciaio inox impiegano principalmente forni elettrici ad arco (EAF), una tecnologia che si basa su rottame riciclato e comporta emissioni di carbonio molto più basse. In questo caso, lo standard di riferimento potrebbe essere fissato a soli 0,3 tonnellate di CO₂ per tonnellata di acciaio, con un impatto CBAM di 298,14 €/t. Al contrario, il 40% della produzione di acciaio inox al di fuori dell’UE utilizza metodi più intensivi in termini di carbonio: se si adottasse un modello d riferimento più rappresentativo a livello globale, pari a 1,5 t CO₂/t, il costo CBAM sarebbe di 198,69 €/t.
L’associazione avverte che, sebbene gli EAF siano effettivamente il metodo più pulito, utilizzare questo sistema come unico riferimento è fuorviante. EURANIMI ha dichiarato: «Usare esclusivamente gli EAF come base standard di riferimento può sembrare una scelta favorevole al clima, ma ignora la realtà del mercato. La disponibilità di rottame è limitata e il mondo non può soddisfare la domanda crescente solo con materiale riciclato».
EURANIMI ha quindi esortato la Commissione Europea a chiarire con urgenza la propria posizione e ad avviare un confronto con le parti interessate, al fine di definire un parametro di riferimento che tenga conto sia degli obiettivi climatici sia delle reali condizioni industriali.