Fornelli: “Dobbiamo sforzarci di vedere il lato positivo”

giovedì, 30 maggio 2013 12:37:35 (GMT+3)   |   Brescia
       

Enrico Fornelli inizia la carriera nel mondo della siderurgia nel 1987 come funzionario nella struttura commerciale dell'azienda torinese Acciaierie Ferrero, poi denominata Siderurgica Ferrero, per la quale arriva a ricoprire il ruolo di responsabile per le vendite nel Nord Italia e, in seguito, ad assumere la funzione di amministratore delegato di alcune società commerciali estere (con magazzini propri) controllate dal gruppo piemontese. Nel 2001 Siderurgica Ferrero viene acquisita dal Gruppo Beltrame, di cui Fornelli diviene direttore della divisione commerciale, posizione che ricopre tuttora.

Dott. Fornelli, quali sono i mercati di riferimento del Gruppo Beltrame (quote di mercato in percentuale)? Qual è il numero di addetti impiegati nell'azienda?

Un prodotto come il nostro, per quale il trasporto incide in maniera fondamentale, comporta che il nostro mercato di riferimento sia principalmente l’Europa. Ognuno dei nostri stabilimenti, poi, ha un diverso mercato di riferimento, ma la stragrande maggioranza dei nostri prodotti resta in Europa. Grossomodo, un terzo della produzione resta in Italia, il resto è destinato quasi completamente ad altri paesi dell’Unione Europea e parzialmente all’area del Nord Africa e del Medio Oriente. Per quanto riguarda il resto del mondo, si parla essenzialmente di “spot business” dovuto a necessità o richieste particolari.

Come valuta i risultati conseguiti dall'azienda negli ultimi due anni?

Dal punto di vista del bilancio, i risultati non possono essere definiti né soddisfacenti né buoni. Ciononostante, ritengo che le crisi possano offrire opportunità, come l’ottimizzazione della propria azienda, il miglioramento dei rapporti di competitività l’eliminazione delle inefficienze. Credo che, pur colpendo duramente, le crisi permettano anche di fare un passo in avanti in professionalità, sia per quanto riguarda la produzione (mi riferisco all’abbattimento dei costi lungo l’intera filiera) sia a livello umano. Difatti, è in tempi avversi che coloro che lavorano all’interno di un’azienda si sentono maggiormente appartenenti ad essa: nei periodi negativi, quando si è chiamati alla difesa dell’azienda, si hanno maggiore attenzione, maggiore professionalità e maggiore dedizione da parte di tutti; in altre parole, vi è un maggiore spirito di squadra e l’azienda nel complesso diventa più preparata, competitiva e professionale.

Avete in programma piani di investimento e/o la ricerca di nuovi sbocchi di mercato?

L’Europa è sicuramente “full booked”. Inutile svilupparsi sull’area europea, non è il nostro mondo occidentale quello che ha il vento in poppa. Pochi mesi fa è stato inaugurato in Argentina dal presidente Cristina Fernández de Kirchner, insieme al nostro Presidente Antonio Beltrame, un nuovo impianto per le lamiere nella provincia di Villa Constitución, Santa Fe. Si tratta di una cosa importante, soprattutto per quell’area, e di un’ottima diversificazione. Inoltre, nella nostra struttura di S. C. Donalam a Calarasi, in Romania, abbiamo provveduto alla verticalizzazione del progetto SBQ (Special Bar Quality), aumentando la gamma dimensionale del prodotto ecc. Senza parlare dell’investimento che riguarda, nella stessa location, i prodotti piani. A queste cose si aggiunga un continuo ammodernamento e la valorizzazione di tutti i siti produttivi del gruppo.

A suo parere, a che punto siamo nel processo di ripresa dalla crisi? Quali le prospettive per quest’anno?

Non sono né particolarmente ottimista né particolarmente pessimista, ma cerco di essere molto realista. Il settore siderurgico ha alle spalle un altro anno di sofferenza e in più sta affrontando un anno ancora molto duro. Per quanto riguarda il nostro settore, sarà l’anno della selezione o anche solo di cambiamenti (fusioni, acquisizioni). La fotografia della situazione, alla fine del 2013, non sarà esattamente uguale a quella del 2012. Ad ogni modo, non intravedo una ripresa dei consumi nel breve periodo. In Europa non abbiamo risolto a tutti i livelli il problema dell’overcapacity, quindi non vedo come le cose possano cambiare a livello significativo. In Europa continuiamo a trovarci in un anno “di resistenza”.

Ritiene di poter indicare una via da percorrere affinché la siderurgia italiana esca definitivamente dalla fase critica?

Siamo in una crisi di mercato e in una crisi di identità. Il nostro è un settore che dà lavoro a circa 70mila persone. Ormai da troppo tempo in Europa c’è disinteresse o, peggio, un’avversione nei confronti della siderurgia. Siamo visti come quelli sporchi, inquinanti, obsoleti. Vogliamo lasciare interi settori fondamentali dell’economia europea - e italiana in particolare - in mano all’importazione? L’Italia è un grandissimo paese trasformatore, non possiamo lasciare ad altri questa nostra fonte di ricchezza. Penso che sia nostro compito combattere questa idea di “sporco, inquinante e obsoleto” facendo ciò che non abbiamo fatto o che abbiamo fatto troppo poco: comunicare con il mondo, far passare messaggi completamente diversi; far capire ad esempio che non inquiniamo, ma ricicliamo. Uno dei modi per uscire dalla crisi è far sapere all’opinione pubblica che investiamo milioni di euro nella sostenibilità. Abbiamo ridotto i consumi di acqua, energia, emissioni di gas; siamo aziende con un enorme know-how che investono tanto nell’ambiente, ma di questo si sa poco. Penso inoltre, ad esempio, al fatto che nei recenti casi di terremoto tutte le strutture in acciaio non hanno subìto danni. Cose come questa – ovvero che l’acciaio è perfetto contro determinate problematiche - sono da comunicare alla popolazione. Va detto anche che l’acciaio è un prodotto che possiamo rendere pulito. Non dobbiamo avere alcuna paura del confronto, anzi dobbiamo stimolarlo e ricercarlo. Per il resto, c’è poco da fare: bisogna continuare ad investire sullo sviluppo e sulla ricerca sia dal punto di vista dei materiali che sotto il profilo degli impianti di produzione, per renderli sempre più efficienti e meno inquinanti.

Negli ultimi anni si è assistito a un revival del protezionismo commerciale nel mondo. Come giudica tale fenomeno? E quali sono, o dovrebbero essere, le strategie dell'UE in tal senso?

Ci troviamo in un’area del mondo che non sta andando particolarmente bene: stiamo scendendo mentre altri stanno salendo ormai da anni. I paesi in vantaggio non fanno una dichiarazione di guerra ideologica o commerciale contro di noi, ma guardano in maniera molto lucida e fredda anno al loro interesse nazionale.
L’UE dovrebbe domandare reciprocità su tutto. Nei confronti degli altri paesi, spesso ci comportiamo da “liberisti” quando subiamo pressioni o ci viene chiesto di sottostare a vari protocolli nell’ambito dell’export verso l’Europa; e il discorso purtroppo non vale a parti invertite. Inoltre, penso al tema della CO2. L’industria europea di base rappresenta forse nemmeno il 10% delle emissioni mondiali. Agendo su questo 10%, a mio avviso, non si risolve assolutamente nulla. Andando avanti così spiazziamo l’industria europea nei confronti del resto del mondo. A livello europeo andrebbe perseguita una politica ben più attenta. Sono contrario a misure protezionistiche, che porterebbero entro un certo numero di anni alla messa fuori mercato degli impianti, essenzialmente a causa della mancanza di stimoli da parte della concorrenza. Tale concorrenza, però, deve essere basata su una certa reciprocità. Chiedo che l’acciaio che giunge in Europa sia conforme alle stesse caratteristiche e qualità che vengono richieste a noi e che siano prodotte dove vige il rispetto ambientale. Chiedo regole uguali da ambo le parti, niente di eccezionale.

Per quanto riguarda le materie prime, quali sono le vostre principali fonti di approvvigionamento?

Per materie prime intendiamo in larga parte il rottame che in stragrande maggioranza (80-85%) viene dall’Europa, in piccola parte dal continente americano e da paesi dell’ex Unione Sovietica. Continuando il precedente discorso, dico: europei, difendiamo le nostre miniere di rottame; specialmente a fronte dell’elevato fabbisogno turco e dell’aumento delle aree produttive nell’area MENA (Medio Oriente e Nord Africa). Se noi vogliamo acquistare rottame dalla Russia, dobbiamo pagare un dazio. Ecco dunque che non possiamo essere gli unici liberisti in un mondo di illiberali. Troviamo delle regole. Il rottame per noi è e sarà un bene fondamentale, consideriamolo come tale.

Concludo dicendo che, nonostante tutte le problematiche che ci troviamo a dover affrontare, dobbiamo sforzarci di vedere il lato positivo perfino in questa crisi. Si potrebbe fare un po’ di più a livello di sistema Italia, di settore, cercare di avere degli obiettivi comuni. Ripeto: credo molto nella comunicazione, e vorrei vedere persone molto meno prevenute e avverse nei confronti del mondo dell’acciaio. L’acciaio è un bene importante, soprattutto per un paese come l’Italia, uno dei più grandi trasformatori al mondo. Ed è un materiale che ha diritto di esistere anche nel futuro. Un paese che pensa a rafforzare il settore dell’acciaio è un paese al passo coi tempi, se questo obiettivo viene perseguito nel modo corretto. Dobbiamo obbligare la concorrenza a vederci sempre come attori che offrono un qualcosa in più rispetto a loro.