Secondo quanto riportato da Bloomberg, delle 110 società dell’indice Standard & Poor 500 che hanno riportato utili nel terzo trimestre, il 37% ha discusso o risposto esplicitamente a domande sulle tariffe statunitensi. Nel rapporto si legge che il terzo trimestre è stato il “primo vero indicatore di quanto le politiche protezionistiche della Casa Bianca abbiano influenzato i profitti”.
Secondo diverse società, sono stati trasferiti a rivenditori o clienti maggiori costi di input provocati dalle tariffe della Section 232 su acciaio e alluminio, assieme alle tariffe di ritorsione di Canada, Messico e UE, e a dazi su un numero sempre crescente di prodotti cinesi. Tuttavia, molte società hanno assorbito i costi o li hanno ridotti altrove.
Andrew Bonfield, amministratore delegato di Caterpillar, ha dichiarato che i costi dei materiali sono aumentati del 2% sui più alti prezzi dell’acciaio. John Olin, direttore finanziario di Harley Davidson, ha affermato che la società prevede un aumento dei costi derivanti dai dazi di circa 43-48 milioni su tutto il 2018. Michael McGarry, amministratore delegato di United Technologies, ha sottolineato che le tariffe, quando si riversano sui consumatori in una forma o nell'altra, costituiscono “semplicemente una tassa sul consumatore concepita in un altro modo”.
Sebbene diverse società sostengano di essere state danneggiate dai dazi, tra queste non figurano produttori siderurgici. John Ferriola, amministratore delegato di Nucor, ha dichiarato che l’intera industria siderurgica statunitense sta traendo benefici dalle tariffe, poiché esse hanno diminuito le “importazioni sleali” e hanno fornito una “leva per portare altri paesi a negoziare accordi commerciali migliori per gli Stati Uniti”.