All’inizio di questa settimana, il WWF, l’organizzazione internazionale no profit che si occupa della tutela dell’ambiente e della fauna selvatica, ha presentato uno studio in collaborazione con l’Università di Trieste che riguarda la decarbonizzazione del settore siderurgico in Italia.
Lo studio ha voluto ipotizzare tre scenari possibili per la riduzione delle emissioni di CO2 nella produzione siderurgica, tenendo conto della collaborazione di imprese e istituzioni nel percorso verso la neutralità carbonica, individuandone le tecnologie e gli investimenti necessari per il raggiungimento dei suoi obiettivi entro il 2050.
I tre scenari proposti, nello specifico, sono lo scenario conservativo, lo scenario prospettico e lo scenario auspicabile.
Il primo, già in atto, prevede di sostituire il carbone con il gas e inserire nei processi esistenti una fase di cattura e riutilizzo del carbonio. In questo modo, le emissioni sarebbero ridotte del 53,37% entro il 2050 a un costo totale di 1,478 miliardi di euro all’anno.
Il secondo prevede invece l’introduzione di nuovi elementi come la tecnologia DRI basata sul gas naturale e sul biometano, senza escludere la cattura e il riutilizzo della CO2. In questo secondo scenario le emissioni sarebbero ridotte del 67,85% entro il 2050 e la spesa annua ammonterebbe a 1,845 miliardi di euro.
Il terzo e ultimo scenario, infine, conta sull’utilizzo della DRI basata stavolta sull’idrogeno verde, che andrebbe quindi a eliminare del tutto i combustibili fossili a favore delle fonti rinnovabili. Con questo metodo si ridurrebbero le emissioni del 67,84% entro il 2050 a fronte di una spesa annua decisamente inferiore, pari a 1,386 miliardi di euro.