Lo scorso venerdì, la Corte d'Appello del Circuito Federale degli Stati Uniti ha negato una richiesta di revoca delle tariffe della Sezione 232, constatando che la legge utilizzata per imporre le misure non ha violato la Costituzione degli Stati Uniti. L'American Institute for International Steel (AIIS) aveva intentato un'azione legale presso la Corte del commercio internazionale degli Stati Uniti (CIT) subito dopo l'istituzione delle tariffe, sostenendo che la Section 232 del Trade Expansion Act aveva ceduto al ramo esecutivo l'autorità del Congresso sul commercio senza limitazioni.
Nel marzo 2019 l'AIIS aveva perso la causa, trasferendo il processo alla Corte d’Appello. All'epoca, l'associazione affermava che, nonostante la decisione della corte, era "rincuorata" dal fatto che uno dei giudici della CIT aveva scritto in separata sede che «è difficile sfuggire alla conclusione che lo statuto ha permesso il trasferimento di potere al Presidente in violazione della separazione dei poteri».
L'American Iron and Steel Institute (AISI), in collaborazione con la Steel Manufacturers Association (SMA), ha presentato un caso di "amicus curiae" a sostegno della costituzionalità dello statuto della Sezione 232.
L'AISI ha rilasciato la seguente dichiarazione lo scorso venerdì a seguito della decisione della Corte d'Appello: «Oggi la Corte d'Appello ha giustamente affermato la nostra ferma convinzione, nonché la precedente decisione della Corte del Commercio Internazionale, che la contestazione allo statuto della Section 232 è priva di merito. Questa causa degli importatori di acciaio è un debole tentativo di mascherare il fatto che l'aumento delle importazioni estere ha gravemente colpito l'industria siderurgica nazionale e ha minacciato la nostra sicurezza nazionale ed economica. Oggi la Corte ha affermato che il Congresso ha agito nell'ambito della sua autorità costituzionale quando ha autorizzato il Presidente ad agire per regolare le importazioni che minacciano di compromettere la nostra sicurezza nazionale. Siamo lieti - ha concluso l'AISI - che la Corte d’Appello abbia concordato col pensiero che noi abbiamo costantemente ribadito».