Italia: la siderurgia chiede di poter tornare a produrre

venerdì, 03 aprile 2020 11:54:48 (GMT+3)   |   Brescia
       

Da ArcelorMittal Italia ad Acciaierie Speciali Terni, passando per Federacciai, i produttori siderurgici chiedono a gran voce che si torni a produrre nonostante l'emergenza coronavirus ancora in corso. L'amministratore delegato di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli, ha scritto al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che, nel caso in cui l'ordinanza del prefetto di Taranto che vieta la produzione ai fini commerciali «dovesse essere prorogata, saremo costretti a prendere in considerazione tutte le misure per salvaguardare la nostra società». Morselli non esclude «l'avvio delle operazioni di messa in standby dell'intera area a caldo dello stabilimento» né «la collocazione in Cig di tutta la forza lavoro il cui impiego non è necessario per svolgere tali operazioni». L'ordinanza prefettizia scade oggi 3 aprile. «Pur continuando a sostenere tutti i costi per l'Ilva - ha aggiunto l'ad Morselli - non abbiamo realizzato alcun ricavo dalla vendita di quanto prodotto».

Nel frattempo, la direzione della TK-AST di Terni sta spingendo per la ripresa delle attività. L'acciaieria «è l'unico produttore italiano di acciaio inossidabile laminato e quindi rientra tra le aziende strategiche», ha dichiarato l'ad Massimiliano Burelli. «Abbiamo anche – ha aggiunto – una produzione per le filiere essenziali e di tipo medicale». Nel pomeriggio di ieri 2 aprile l'azienda ha convocato le organizzazioni sindacali territoriali per una comunicazione sulla volontà di far ripartire l'attività produttiva. Nel corso dell'incontro, Burelli ha dichiarato di voler chiedere al prefetto di Terni di poter produrre in deroga al decreto. TK-AST nei giorni scorsi ha eseguito iniziative per mettere in sicurezza i reparti dello stabilimento, acquistato 50.000 mascherine e installato nei pressi delle portinerie un sistema di telecamere per il controllo della temperatura corporea. Domani scadrà la cassa integrazione ordinaria per 2.305 lavoratori. 

Attraverso Il Mattino di Padova, il presidente di Federacciai Antonio Banzato ha ribadito che fermare la siderurgia italiana è uno sbaglio. «Tutti i nostri competitor e le stesse aziende controllate da noi italiani all'estero sono aperte» ha affermato Banzato. Secondo la federazione delle imprese del settore siderurgico, la ripartenza potrebbe avvenire nella seconda metà di aprile. «Non possiamo tenere più di così», ha detto Banzato, citando numeri forniti di recente da Federmeccanica: 1,4 milioni di dipendenti in Cig con un costo mensile di alcuni miliardi. «Noi abbiamo 70.000 addetti, con l'indotto 100.000, basta una moltiplicazione e si capisce che numeri servono per tenere chiuse queste filiere». Parlando dell'impatto delle serrate sulla produzione di acciaio, il numero uno di Federacciai ha dichiarato che, dando un mese per perso e non sapendo come sarà la ripartenza, per il 2020 si può prevedere ad oggi un calo del 10%. Tuttavia, «ci sono talmente tante variabili nel dopo» che è difficile fare delle stime.

L'Istat ha stimato per il mese di marzo un crollo della produzione industriale del 16,6% rispetto a febbraio. Se confermato, si tratterebbe del più ampio calo mensile da quando sono disponibili le serie storiche di produzione industriale (1960). «Le misure di contenimento e contrasto introdotte per limitare la diffusione del COVID-19 - scrive l'Istat - hanno determinato un doppio shock negativo: dal lato della domanda, con il rinvio delle decisioni di spesa dei consumatori, la chiusura di numerose attività commerciali e l'azzeramento dei flussi turistici; dal lato dell'offerta, con il blocco di numerose attività produttive». Una combinazione che ha determinato «lo scenario peggiore possibile, facendo avvitare l'economia italiana in una recessione che sarà profonda e la cui durata dipenderà dai tempi di uscita dall'emergenza». 

Stefano Gennari