La Procura di Taranto ha espresso parere negativo in merito alla richiesta di dissequestro degli impianti dell'area a caldo dello stabilimento siderurgico. Questa era stata presentata il 30 marzo scorso dai legali dei commissari di Ilva in amministrazione straordinaria alla Corte d'Assise che ha emesso la sentenza di primo grado del processo "Ambiente Svenduto", in vista delle scadenze contrattuali di fine maggio tra la stessa Ilva e Acciaierie d'Italia: il passaggio dello Stato al 60% del capitale di Adi e l'acquisto dei rami di azienda da Ilva in A.S. Il dissequestro degli impianti è una delle condizioni sospensive dell'accordo di investimento siglato il 10 dicembre 2020 tra ArcelorMittal Holding Srl, ArcelorMittal S.A. e Invitalia.
Secondo i commissari straordinari di Ilva in A.S. – tuttora proprietaria degli impianti – è cambiato lo scenario delle emissioni rispetto a dieci anni fa, grazie ai lavori ambientali, e ci sono pertanto i presupposti per revocare il sequestro. Di diverso avviso è la Procura. Ora sarà la Corte d'Assise a doversi esprimere definitivamente.
Nella richiesta, gli avvocati di Ilva avevano motivato il dissequestro col fatto che le prescrizioni ambientali Aia sono ormai completate al 90% e che la conduzione dello stabilimento avviene sotto il controllo sia delle autorità amministrative competenti (Ispra, Arpa e Mite) sia dell'Ilva in A.S., quest'ultima guidata da commissari di Governo.
Gli impianti furono sequestrati il 26 luglio 2012 in base a un'ordinanza che firmata dal gip Todisco nell'ambito dell'inchiesta per associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento di sostanze alimentari e alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Fu poi concessa la facoltà d'uso.