La prima sezione del TAR di Lecce, con una sentenza pubblicata il 13 febbraio, ha stabilito che l'area a caldo dell'ex Ilva di Taranto dovrà essere spenta entro 60 giorni in quanto gli impianti, «anche in ragione della loro vetustà», sono fonte di emissioni pericolose per la salute dei cittadini. ArcelorMittal, che gestisce lo stabilimento, ha annunciato il ricorso immediato al Consiglio di Stato. L'area a caldo include i reparti Acciaierie, Cokeria, Agglomerato, Altoforni, Gestione Materiali Ferrosi e Parchi minerali.
Non è tardata ad arrivare la reazione di Federacciai, la federazione che rappresenta le imprese siderurgiche italiane. «Siamo fortemente preoccupati per la sentenza del TAR di Lecce che intima la fermata dell'area a caldo dello stabilimento di Taranto – ha affermato il presidente Alessandro Banzato –. Senza entrare nel merito della sentenza, che evidentemente verrà discussa nei successivi gradi di giudizio, il timore è che questo atto possa fermare o comunque rallentare il processo di risanamento e rilancio della fabbrica. Mentre proseguono i lavori per il miglioramento ambientale del sito – ha ricordato Banzato – sono infatti in corso le complesse attività per una ripresa produttiva che è fondamentale non solo per la filiera siderurgica nazionale ma anche in previsione dell'imminente ingresso di Invitalia nel capitale della Società sulla base di un piano industriale che avvierà un graduale processo di decarbonizzazione dello stabilimento».
L'auspicio di Federacciai è «che venga adottata una sospensiva di questa sentenza e che il Governo appena incaricato si adoperi per evitare lo spegnimento del più grande stabilimento siderurgico italiano».