4.700 esuberi nei prossimi tre anni, di cui già 2.900 già dai prossimi mesi. Questa la condizione posta dall'amministratore delegato di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli, nel corso dell'incontro di ieri sera al Ministero dello Sviluppo economico, cui hanno preso parte il ministro Stefano Patuanelli e i sindacati. Secondo il piano presentato dall'ad, l'organico dell'ex Ilva scenderebbe di 2.900 unità già dal 2020 e di 1.800 unità nel 2023. Gli occupati passerebbero quindi dai 10.789 occupati del 2019 a 6.098 nel 2023, quando dovrebbe essere spento l'altoforno 2 e attivato un forno elettrico in grado di garantire 1,2 milioni di tonnellate di acciaio "pulito", che si aggiungerebbero ai 4,8 milioni di tonnellate in arrivo dagli altiforni 1 e 4. In sostanza si passerebbe dagli attuali 4,5 milioni di tonnellate a 6 milioni di tonnellate. Il nuovo EAF sarebbe una soluzione "ibrida" con caricamento di rottame e ghisa liquida.
Dopo la presentazione dell'ad Morselli, il tavolo è stato sospeso e i sindacati hanno definito "irricevibili" i tagli annunciati dall'azienda, proclamando uno sciopero a Roma per il prossimo 10 dicembre. «Non ci sono le condizioni per aprire un confronto per un'intesa. Si deve ripartire dall'accordo di un anno fa, con i livelli occupazionali e investimenti indicati dal piano del 2018», è stata la reazione di Fiom, Uilm e Fim.
Delusione anche da parte del titolare del MiSE che ha parlato di un "passo indietro" su esuberi e produzione: «Questa non è l'idea che ha il Governo sullo stabilimento» ha dichiarato Patuanelli. Il ministro ha aggiunto che «tra venerdì e lunedì il governo presenterà un suo piano industriale che farà diventare Ilva un esempio di impianto industriale siderurgico, con uso di tecnologie sostenibili, forni elettrici e altri impianti ecosostenibili, per arrivare a una produzione di 8 milioni per tutelare livelli occupazionali».
Stefano Gennari