Si è svolta ieri 17 settembre davanti al Tribunale del Riesame di Taranto l'udienza nella quale si è discussa l'impugnazione presentata il 2 settembre da Ilva in amministrazione straordinaria contro il provvedimento del giudice Francesco Maccagnano, che a fine luglio aveva negato all'azienda la facoltà d'uso dell'altoforno n. 2 (Afo2) dello stabilimento tarantino per gli ulteriori lavori di messa a norma e di sicurezza. Si ricorda che l'impianto nel quale morì un operaio nel giugno del 2015 era stato sequestrato nuovamente dalla Procura di Taranto dal momento che il gup aveva respinto la richiesta di dissequestro riscontrando la mancata esecuzione dei lavori previsti nel 2015.
L'istanza del 2 settembre è stata presentata dalla struttura commissariale ancora proprietaria degli impianti dal momento che ArcelorMittal li gestisce in affitto biennale attraverso la newco ArcelorMittal InvestCo Italy.
Per Ilva in A.S. hanno parlato gli avvocati Filippo Dinacci e Angelo Loreto, i quali hanno spiegato come, con gli interventi effettuati nel 2015, le condizioni generali dell'impianto siano sostanzialmente migliorate dal punto di vista della sicurezza e come quello che quattro anni fa veniva ritenuto tecnicamente non fattibile oggi permette un approccio diverso grazie ai nuovi progetti e allo sviluppo delle tecnologie. Di qui l'impegno di Ilva a portare avanti una nuova fase di lavori. Chiusa l'udienza, il Tribunale del Riesame dovrebbe esprimersi nei prossimi giorni. Intanto, il tempo stringe. I tre mesi circa per lo spegnimento dell'Afo 2, che contribuisce a un terzo dell'attuale output del siderurgico, scadranno il prossimo 10 ottobre. Le fasi preliminari dello stop all'impianto termineranno il 7 ottobre con il colaggio della salamandra (la parte di ghisa che si deposita sul fondo dell'altoforno). Queste operazioni hanno un costo di 879.000 euro per la progettazione e l'esecuzione della foratura per il colaggio della salamandra e 31.000 euro per i costi della sicurezza delle operazioni.