I residenti di Taranto sono stati lasciati a vivere in una zona altamente inquinata, con le autorità italiane che hanno fatto poco o niente per garantire la decontaminazione delle aree pertinenti e rendendo oltretutto impossibile per la popolazione ottenere "un rimedio efficace". La Corte per i diritti dell'uomo di Strasburgo ha condannato oggi l'Italia per il polo siderurgico dell'ex Ilva, la cui gestione ha determinato la violazione di due articoli (8 e 13) della Convenzione europea per i diritti umani.
Secondo i giudici di Strasburgo, l'Italia è colpevole della "persistenza di una situazione di inquinamento ambientale" che mette a rischio la salute di quanti vivono nell'area circostante l'impianto industriale. Le autorità italiane, si contesta, "non hanno adottato tutte le misure necessarie per garantire una protezione efficace" della popolazione. Secondo la stessa Corte, i comitati e quanti hanno fatto ricorso non avrebbero avuto a disposizione strumenti per presentare esposti e denunce presso le autorità nazionali.
Per queste ragioni, l'Italia è stata condannata a pagare 5.000 euro di risarcimento a ciascuna delle persone che hanno sollevato il caso alla Corte. Per l'Italia si tratta di un costo di 900.000 euro.
La Corte ritiene che "il prolungamento di una situazione di inquinamento ambientale mette in pericolo la salute dei richiedenti e, più in generale, quella dell'insieme della popolazione residente nelle zone a rischio che resta, allo stato attuale, priva di informazioni in merito alla procedura di bonifica del territorio interessato", nei Comuni di Taranto, Crispiano, Massafra, Montemesola e Statte.