ArcelorMittal Italia, in risposta al mancato versamento da parte di Invitalia dei 400 milioni di euro che sanciscono l'ingresso dello Stato nella società, ha annunciato nella mattinata di venerdì scorso una riduzione della produzione e il rallentamento degli investimenti previsti. «Nonostante la natura vincolante dell'accordo – ha scritto l'azienda – ad oggi Invitalia non ha ancora sottoscritto e versato la sua quota di capitale». Una mancanza che, secondo ArcelorMittal, «sta seriamente compromettendo la sostenibilità e le prospettive dell'azienda e dei suoi dipendenti». Da qui la decisione di annunciare «una riduzione dei suoi livelli di produzione ed un rallentamento temporaneo dei suoi piani di investimento»; misure che «saranno in vigore fintanto che Invitalia non adempierà agli impegni presi con l'accordo di investimento».
Nel pomeriggio della stessa giornata, il "dietrofront": la società ha comunicato ai sindacati il ripristino degli assetti di marcia con tre altiforni, le due acciaierie e il treno nastri 2. Inoltre, secondo le sigle metalmeccaniche, ArcelorMittal starebbe valutando il riavvio di produzione di lamiere 2 e del tubificio ERW e la ripresa di alcune attività date in appalto.
I sindacati hanno parlato di «caos senza precedenti» e di atteggiamento «schizofrenico» da parte della multinazionale franco-indiana e hanno chiesto chiarimenti nonché l'intervento del presidente del consiglio Mario Draghi. «I comportamenti di Governo, azienda ed enti locali stanno portando alla chiusura il polo siderurgico di Taranto» ha affermato il segretario generale di Fim Cisl, Roberto Benaglia. Secondo diverse fonti, il principale ostacolo al pagamento dei 400 milioni da parte di Invitalia potrebbe essere l'attesa per il pronunciamento del Consiglio di Stato nell'udienza di merito sulla sentenza del Tar Lecce che lo scorso 13 febbraio ha ordinato lo spegnimento degli impianti ritenuti inquinanti.