Ancora si sta cercando di valutare i possibili effetti dei dazi firmati la scorsa settimana da Donald Trump su acciaio e alluminio, ma è chiaro che le conseguenze sull'Europa, Italia inclusa, non saranno positive. Parlando con la stampa, il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, si è detto preoccupato per il rischio escalation che potrà derivare dalle decisioni dell'amministrazione USA: la decisione di Trump di imporre un dazio del 25% sull'acciaio "è una cosa grave e, come tutte le misure unilaterali, è molto pericolosa e rischia di innescare guerre commerciali". Il rischio concreto, spiega Gozzi, è il cosiddetto "effetto boomerang", con dazi sulle merci americane. Tra l'altro, sottolinea, la mossa di Trump non si spiega neanche da un punto di vista politico, perché "a fronte di 130.000 addetti della siderurgia, negli Stati Uniti ci sono 3 milioni di addetti alla trasformazione di prodotti che arrivano proprio dall'estero, che dai dazi sono sicuramente danneggiati". Inoltre, si chiede Gozzi, "l'acciaio che non andrà negli Stati Uniti dove finirà?".
L'unica soluzione possibile è una risposta "proporzionale dell'UE nel quadro delle regole del WTO, vale a dire retaliation su altri prodotti. È esattamente questo che ci preoccupa. Sono molto pessimista".
"Nel 2017 - ha spiegato il numero uno di Federacciai - l'Italia ha esportato negli Stati Uniti circa 500.000 tonnellate di prodotti e semiprodotti siderurgici, su un totale UE pari a 5 milioni, per un ammontare di circa 700 milioni di dollari di fatturato: non sono quindi briciole. Stiamo cercando di capire bene con la lettura dei codici quali sono i prodotti colpiti e quali no per valutare esattamente la ripercussione sulle singole imprese", ma è già chiaro che alcune saranno "molto colpite". Tra queste, il gruppo Valbruna che, ha detto Gozzi, "esporta oltre 40.000 tonnellate di acciaio inossidabile negli Stati Uniti".