Durante il FII Priority Summit, il CEO dell’azienda mineraria brasiliana Vale Eduardo Bartolomeo ha reso noto che le attuali esportazioni di minerale di ferro della società verso il Medio Oriente, che corrispondono a 27 milioni di tonnellate all’anno, potrebbero aumentare a 70 milioni. Tuttavia, non ha menzionato alcuna scadenza.
Secondo quanto dichiarato, Vale avrebbe stipulato un accordo con BHP riguardo a procedimenti d’azione di gruppo nel Regno Unito e nei Paesi Bassi in relativi al crollo della diga Fundão di Samarco avvenuto in Brasile nel 2015.
Vale è imputata di una richiesta di contributo presentata da BHP dinanzi al tribunale inglese per una richiesta di azione collettiva intentata nei confronti della stessa BHP da oltre 600.000 richiedenti, i quali rivendicano i danni per le presunte perdite subite dal crollo della diga.
Inoltre, Vale è imputata in un processo avviato nei Paesi Bassi a nome di 78.000 richiedenti che dichiarano di aver subito gravi conseguenze a seguito del crollo.
Fatta eccezione per alcune clausole, l’accordo tra Vale e BHP è riservato.
Una di queste è che le parti non hanno ammesso alcuna responsabilità e che il reclamo presentato da BHP nei confronti di Vale nel Regno Unito sarà ritirato.
Secondo Vale, «l’effetto dell’accordo è che, qualora BHP dovesse essere in definitiva ritenuta responsabile nei confronti dei richiedenti nelle rivendicazioni del Regno Unito, o qualora Vale dovesse essere ritenuta responsabile nei confronti dei richiedenti nei Paesi Bassi, tale responsabilità sarebbe ripartita equamente tra le due società».
Tutti gli altri termini dell’accordo rimangono segreti.
Gustavo Pimenta, CFO di Vale, ha ribadito l’impegno della società a riparare i danni causati dal crollo conformemente agli accordi già stipulati con le autorità pubbliche brasiliane.