Cala la produzione delle fonderie italiane, che nel quarto trimestre 2019 hanno registrato un -4,9% in su base annua. È quanto emerge da un'indagine effettuata sui dati Istat dal centro studi di Assofond, l'associazione di Confindustria che rappresenta le fonderie italiane. Si tratta del calo peggiore dall'inizio del 2018, e per ora la situazione non sembra ancora pronta a volgere per il meglio.
«I primi due mesi del 2020 - ha commentato il presidente di Assofond, Roberto Ariotti - non suggeriscono un'inversione di tendenza. Alle ragioni strutturali si sommano criticità contingenti e fenomeni del tutto imprevedibili. Siamo un paese privo di politica industriale, che paga lo scotto di un mercato globale in contrazione». Tra le principali criticità, Ariotti ha menzionato il rallentamento del settore auto, la guerra dei dazi «in cui non riusciamo a prendere una netta posizione» e le attese conseguenze dell'emergenza coronavirus.
Nei disaggregati del settore italiano, si legge nella nota di Assofond, le difficoltà maggiori le registra la ghisa, con una produzione in calo del 24,5% rispetto al quarto trimestre 2018. Il comparto dell'acciaio ha registrato allo stesso tempo un'inversione di tendenza con un -0,6%.
Il comparto delle fonderie, che conta circa 1.000 imprese, 30.000 addetti e 7 miliardi di fatturato, ha registrato tuttavia una crescita della fiducia, rilevata prima della diffusione del coronavirus. «Il nostro ottimismo - ha affermato il presidente Roberto Ariotti - poggia sul nostro essere resilienti e proiettati al futuro. Ben prima che l'Europa si muovesse, abbiamo imboccato la strada della sostenibilità ambientale e del riciclo. Fare fonderia in Italia significa oggi farlo nel modo più efficiente e sostenibile al mondo. Per questo crediamo di poter resistere anche a questa nuova fase di difficoltà. Certo - ha rilevato - da parte dei nostri interlocutori ci aspettiamo altrettanto dinamismo. Serve una stagione di riforme, politice, economiche e culturali, che ponga nuovamente l'industria al centro» ha concluso.
Stefano Gennari