Le autorità russe hanno deciso di aumentare di quasi tre volte il dazio sull'esportazione di rottami ferrosi, con l'obiettivo di limitare le vendite al di fuori dell'Unione economica eurasiatica (EAEU) che comprende Armenia, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan.
Una sottocommissione del governo russo ha deciso di aumentare la tassa all'esportazione del rottame fino a un minimo di 290 euro/ton, contro l'attuale aliquota di 100 euro/ton, mentre l'aliquota effettiva è ancora al 5%. La misura, tuttavia, non sarà applicata alla quota fissa di 810.000-830.000 tonnellate annue di rottame vendute all'export, che sarà soggetta al precedente vincolo. Secondo le statistiche ufficiali, nel 2021 la Russia ha esportato circa 3,22 milioni di tonnellate di rottame e la quota menzionata ammonta a circa il 25% di questo volume. La stessa quot sarà distribuita tra le regioni della Russia secondo particolari coefficienti.
La nuova misura entrerà in vigore il 1° maggio per un periodo di tre mesi. Secondo alcune fonti, la decisione del governo di aumentare l'aliquota del dazio si basa sull'obiettivo di limitare le esportazioni di rottame e di garantire volumi adeguati al mercato locale e, per essere ancora più precisi, di regolare il livello dei prezzi a livello locale. Una fonte ha affermato che «oggi, tenendo conto del prezzo CFR Turchia, meno il nolo, la tassa all'esportazione di 100 euro/ton e alcune tasse portuali, il prezzo massimo di acquisto del rottame per l'esportazione è di 36.000 rubli secondo la tariffa attuale. I prezzi di acquisto delle acciaierie locali nella regione centrale della Russia sono di 25.000-25.500 rubli/ton». Ad ogni modo, gli operatori del mercato osservano che i fornitori russi di rottame stanno incontrando difficoltà all'export, in particolare nei pagamenti e nel reperimento di navi, a causa delle sanzioni internazionali contro Mosca.